La valutazione dello stress nei luoghi di lavoro: l’Italia “arranca” verso l’Europa

Ma un po’ per non morire
o forse un po’ per celia
abbiam fatto l’Europa
facciamo anche l’Italia. 
 

Da “Io non mi sento Italiano” di Giorgio Gaber, 2003

 

Cos’è lo stress

Quando si parla di stress solitamente ci si riferisce allo stress negativo in cui una situazione viene percepita dall’individuo come eccedente le proprie capacità. In gergo si usa dire “stare sotto stress” proprio a indicare che questo stato perdura nel tempo e esaurisce le energie fisiche e mentali dell’individuo fino a comportare dei disturbi. Da oltre 40 anni le ricerche hanno indicato che l’impatto di una situazione su una persona dipende da come quest’ultima la percepisce. Non esistono quindi situazioni stressanti a priori e quello che può essere negativo per una persona potrebbe essere addirittura ricercato da qualcun’altra (es. parlare in pubblico). (Per una trattazione più ampia del concetto di stress si rimanda all’articolo “Lo stress della vita quotidiana”).

 

Lo stress nei luoghi di lavoro

Lo stress nelle organizzazioni riguarda come le attività lavorative e i tempi in cui è richiesto realizzarle vengano percepite dai lavoratori come situazioni di stress. Un aspetto rilevante è quanto una persona sia autonoma nell’organizzare le attività secondo le proprie attitudini. Nonostante la percezione dello stress cambi da un individuo a un altro, se ci riferiamo a un’organizzazione specifica, dobbiamo considerare che le persone che vi lavorano condividono oltre agli aspetti pratici, con le opportune sfumature anche la mentalità. Quindi nonostante la percezione dello stress rimane un fenomeno soggettivo questa può anche essere collettiva in base a ruoli e funzioni ricoperti dalle persone nella realtà lavorativa. Ad esempio in una azienda energetica potremmo trovare mentalità diverse negli impiegati che lavorano presso l’ufficio e nei tecnici che sistemano gli impianti.

 

L’Accordo Europeo

A Bruxelles l’8 Ottobre del 2004 è stato siglato un accordo tra sindacato e associazioni dell’artigianato e delle imprese sullo stress da lavoro, ai fini di un “miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, con conseguenti benefici economici e sociali per le aziende, i lavoratori e la società nel suo insieme”. L’accordo ha lo scopo di  “migliorare la consapevolezza e la comprensione dello stress da lavoro da parte dei datori di lavoro, dei lavoratori…”. “L’individuazione di un problema di stress da lavoro può avvenire attraverso un’analisi di fattori quali l’organizzazione e i processi di lavoro, le condizioni e l’ambiente di lavoro, la comunicazione e i fattori soggettivi.

 

La situazione Italiana

L’Accordo Europeo del 2004 è stato recepito in Italia con il decreto legislativo del 9 Aprile 2008 e la Commissione consuntiva per la valutazione dello stress lavoro-correlato ha emesso una Circolare il 18 Novembre 2010 con le indicazioni sulla valutazione e l’obbligo del datore di lavoro di avviare tale procedimento entro il 31 dicembre 2011.

Tale circolare individua due fasi: 1a fase di valutazione preliminare e necessaria; 2a fase da attivare nel caso in cui la valutazione preliminare riveli elementi di rischio da stress lavoro-correlato e le misure adottate dal datore di lavoro si rivelino inefficaci. Focalizzandoci sulla prima fase vediamo come questa comprenda la valutazione di indicatori definiti “oggettivi e verificabili” quali ad esempio indici infortunistici, assenze per malattia, turnover, sanzioni del medico, lamentele dei lavoratori, carichi e ritmi di lavoro, orario di lavoro e turni, autonomia decisionale, conflitti interpersonali sul lavoro, processi comunicativi, ecc…, relegando la percezione di quanto l’attività lavorativa possa essere stressante solo nella seconda fase, nonostante l’accordo europeo la indichi tra i fattori soggettivi rilevanti e la letteratura scientifica la consideri l’inizio del processo di stress.

Quindi secondo queste indicazioni ci troviamo nella situazione paradossale che per valutare se i lavoratori si sentano stressati occorre prima che siano emersi elementi di rischio quali infortuni, malattie, conflitti, ecc..  Se da una parte il recepimento dell’accordo europeo ha portato l’attenzione delle aziende al tema dello stress, non sembra che queste indicazioni fornite dalla commissione consuntiva permettano un’effettiva prevenzione del problema.

 

Dall’adempimento alla norma a una cultura dello sviluppo aziendale

E’ esperienza comune che spesso non sia sufficiente adempiere a una norma per apportare dei miglioramenti. Se il datore di lavoro considera la valutazione dello stress come l’ennesimo impegno per stare “in regola” probabilmente questa sarà solo un altro documento da compilare e archiviare. In Italia attualmente la commissione consuntiva non ha ancora fornito indicazioni per attuare un altro aspetto rilevante dell’accordo Europeo ovvero quello di “migliorare la consapevolezza e la comprensione dello stress da lavoro”. Aspetto che potrebbe aiutare le organizzazioni a trasformare gli stress negativi in positivi, migliorando il ben-essere e il sistema produttivo. Tale possibilità è lasciata al buon senso delle aziende.

 

(Luglio 2011)