Gli “ingredienti” psicologici nei giochi di ruolo ludici

Poiché solo la mente dell’uomo è libera di esplorare l’immensità dell’infinito cosmico, di trascendere la coscienza normale, di vagare negli anfratti segreti del cervello, dove si fondono passato e futuro… E l’universo e l’individualità sono connessi, e l’uno rispecchia l’altro, e ognuno contiene l’altro.

Da “Stormbringer” di Michael Moorcock, 1977

 

Le origini del termine “gioco di ruolo”

Il termine gioco di ruolo nasce nel 1934 da Jacob Levi Moreno per indicare un cambiamento di ruolo all’interno dello “psicodramma”, cioè di una tecnica psicoterapeutica di gruppo che consiste nella rappresentazione scenica di esperienze personali e/o particolari conflitti, come se si realizzasse una sorta di teatro della spontaneità. Nel gioco di ruolo la persona che mette in scena con l’aiuto di altri una propria storia, scambia durante la rappresentazione il suo ruolo con quello di un altro partecipante.

 

Cos’è il gioco di ruolo ludico

Nel 1974 Gary Gygax e Dave Arneson crearono il primo gioco di ruolo ludico “Dungeons & Dragons”, per ampliare l’esperienza di gioco dei wargame (giochi di simulazione di guerra con l’utilizzo di miniature), limitati nella caratterizzazione e drammatizzazione dei personaggi.

Gary Gygax 1938-2008

Il gioco di ruolo è un’esperienza di gruppo in cui un narratore racconta una storia e gli altri assumono il ruolo dei vari personaggi. Il narratore ha quindi il compito di rendere verosimile un mondo immaginario, descrivendo l’ambiente e interpretando creature e personaggi fittizi. Sono possibili diverse ambientazioni: fantasy (es. Dungeons & Dragons, RuneQuest), horror (es. Cthulhu, Vampire, Sine Requie), fantascienza (es. Cyberpunk, Traveller), per citare solo alcuni dei generi più comuni. I giocatori interpretano ognuno un personaggio che ha caratteristiche differenti, indicate su di un’apposita scheda. Concretamente, per realizzare una partita a un gioco di ruolo sono necessari: un manuale con le regole e i riferimenti di un’ambientazione, le schede dei personaggi e i dadi con diverse facce (che simulano la componente dovuta al caso).

 

Gli Ingredienti Psicologici

L’immaginazione è un aspetto centrale, si parla di qualcosa che non c’è in una sorta di sogno cosciente ad occhi aperti condiviso. La recente ricerca sul cervello ha evidenziato come nell’immaginazione si attivino aree per certi versi simili a quelle corrispettive che si attiverebbero in una situazione concreta. Immaginare qualcosa, quindi, non è una semplice attività astratta, ma permette una prima forma d’esperienza. Inoltre l’immaginazione ricopre anche un ruolo fondamentale nella salute fungendo da regolatore emozionale, poiché permette attraverso il pensiero di gestire le emozioni che agiscono sul corpo.

L’interpretazione di un personaggio permette l’espressione di Sé in modi anche diversi da quelli abituali. Se s’interpreta, ad esempio, un marinaio scanzonato, questo personaggio può essere caratterialmente molto diverso dall’atteggiamento abituale del giocatore, ma in ogni caso il modo d’interpretarlo mette in evidenza delle parti del suo carattere. Questo favorisce l’integrazione di aspetti diversi della personalità, che nel giocatore possono essere presenti ma latenti, e non accettati per motivi sociali e/o educativi.

La cooperazione del gruppo di giocatori, che frequentemente è l’unico modo per superare una determinata situazione proposta dal narratore, fa sperimentare una modalità di gioco in cui si vince o si perde tutti assieme, cosa poco frequente nei giochi occidentali, in cui spesso si vince quando l’altro perde (es. giochi di carte, Monopoli, ecc.).  Cooperare permette di confrontarsi con gli altri in modo costruttivo e affina le capacità di realizzare un’attività di squadra.

I personaggi che possono essere generati in un’ambientazione fantastica sono molto diversi tra loro: nel gioco fantasy si va dall’elfo abile nella magia al nano guaritore, nel gioco investigativo possiamo trovare detective, studiosi di scienze e antiquari. Dal momento che per risolvere le situazioni presentate dal narratore i personaggi dovranno cooperare tra loro, avviene una valorizzazione delle diverse caratteristiche di tutti quanti. Non si ha un personaggio migliore, ma l’accento è posto sulla sinergia che si crea all’interno del gruppo.

(Aprile 2011)