Psi…che? Un pò di chiarezza sulla professione dello psicologo

Saranno passati quasi una decina d’anni, ma lo ricordo quasi come se fosse ieri: mi trovavo al centro per il trattamento dei fattori di rischio cardiovascolare di un noto ospedale romano e, in qualità di psicologo, stavo effettuando un colloquio per valutare quali fattori di personalità incidevano sulla salute cardiaca di un utente del centro. Ad un certo punto la persona che avevo davanti, interrompendo il colloquio, mi chiese: “lei ha detto di essere psicologo, ma non è proprio medico?“, le risposi che in Italia dagli anni ’70 la formazione psicologica è completamente indipendente da quella medica, che il metodo di lavoro di queste due professioni è notevolmente diverso tra di loro, e ricevetti come risposta: “che strano, lei dice con fierezza di non essere medico“. Mi rendo perfettamente conto che in questo paese è raro fare un colloquio con uno psicologo in un reparto ospedaliero che non riguardi la salute mentale, ed è quindi legittimo chiedere le specifiche professionali, ma in quell’episodio mi aveva spiazzato l’affermazione successiva ai miei chiarimenti, che sottolineava come l’unica professionalità a cui aspirare in ambito sanitario fosse quella medica e che probabilmente il mio interlocutore non possedesse i criteri per distinguere le due professioni. Questo è solo un episodio che mi è rimasto particolarmente impresso, ma spesso mi confronto con persone che hanno una gran confusione rispetto alle caratteristiche del mio lavoro.

Aspetti che hanno favorito la confusione
Nonostante la professione di psicologo sia riconosciuta legalmente in Italia dal 1989, questa confusione ha una lunga storia che nasce probabilmente da quando l’insegnamento della psicologia fu eliminato nelle scuole durante il periodo fascista. Altri elementi che hanno favorito questa confusione sono la diffusione della professione psicologica in concomitanza al movimento antipsichiatrico di chiusura dei manicomi degli anni ’70, che per associazione d’idee ha fatto ritenere che lo psicologo dovesse necessariamente lavorare con i così detti “malati mentali”, e una frequente e deplorevole presenza di alcuni colleghi, nei programmi televisivi d’intrattenimento, in veste di opinionisti che elargiscono consigli, gli stessi consigli che potrebbe dare anche un parente o amico. Con questi presupposti è forse meglio chiedersi come si fa a non esser confusi su cosa faccia lo psicologo.

Un pò di chiarezza
Tutte le attività dello psicologo sono orientate al perseguimento del ben-essere e della salute dell’individuo, dei gruppi e delle organizzazioni. E’ utile ricordare che la salute non è semplice assenza di malattia ma, come dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1948, è “…uno stato di benessere, fisico, mentale e sociale…”. L’aspetto “mentale” influenza tutti gli ambiti, come la qualità di vita di un quartiere, il clima di sinergia che ha un gruppo di lavoro, il ben-essere di un individuo. Detto in modo sintetico quindi lo psicologo aiuta le persone a vivere meglio. Non a caso la formazione di base di uno psicologo riguarda la conoscenza dei processi mentali (pensiero ed emozioni), le dinamiche relazionali tra le persone, lo sviluppo della personalità, le influenze dei tratti individuali sull’organismo. Lo psicologo in funzione di queste conoscenze orienta l’utilizzo degli strumenti professionali adattandoli alle situazioni. Strumenti quali il colloquio, i questionari, le tecniche psicofisiologiche (es. conduttanza dell’elettricità della pelle, registrazione pressione arteriosa e frequenza cardiaca, registrazione tensione muscolare), delle attività (es. giochi su come si risolvono i problemi in un gruppo di lavoro). Attraverso l’uso di questi strumenti, e la riflessione emozionata sull’esperienza, lo psicologo favorisce la destrutturazione dei modi abituali di funzionamento e il cambiamento verso un migliore grado di ben-essere.

Parole che cambiano i fattiCampagna Informativa Ordine degli Psicologi (2013)

Qualche esempio sulle attività
Ad esempio nella scuola, relativamente alla problematica del bullismo, il ruolo dello psicologo può essere quello di aiutare il corpo docente e le famiglie a migliorare il rapporto tra di loro e con/tra gli allievi, quindi a migliorare le competenze nell’affrontare le situazioni conflittuali. Difatti la capacità di avere buone relazioni con gli altri rientra appieno nel mandato istituzionale della scuola, che è lo sviluppo individuale e sociale dell’allievo, ed è anche una dimensione rilevante per il ben-essere delle persone. Oppure nel caso di una persona che si rivolge a uno psicologo per problemi gastrici. Il lavoro psicologico, dopo una adeguata valutazione delle caratteristiche individuali, può essere quello di costruire assieme alla persona nuovi modi per affrontare le situazioni percepite come stressanti, abbassando di conseguenza il livello di attivazione fisiologica dell’organismo.

(Marzo 2014)